L’ICONA: TEOLOGIA ED ESTETICA SECONDO MONSIGNOR SPITERIS (9)
|Monsignor Yannis Spiteris, dal 2003 arcivescovo di Corfù, Zante e Cefalonia, è stato, negli ultimi anni, anche per il suo ruolo di componente della Commissione mista teologica per il dialogo cattolico-ortodosso, uno dei protagonisti delle relazioni ecumeniche fra Oriente ed Occidente. Autore di numerose pubblicazioni, ha anche firmato un contributo introduttivo alle Sante icone dal titolo eloquente “Il significato teologico ed estetico dell’icona”. Lo proponiamo, in parti successive, agli amici de “I sentieri dell’icona” nella sezione “Un po’ di storia…”.
di mons. Yannis Spiteris
arcivescovo di Corfù, Zante e Cefalonia
amministratore apostolico di Tessalonica
V. INDICAZIONI DI LETTURA PER ALCUNE ICONE
3. L’ICONA DELLA NATIVITÀ
Nel centro dell’icona troviamo la Madre di Dio, la Vergine Madre della Vita. La sua serenità indica la nascita verginale di Gesù. Ciò è sottolineato anche dal manto da cui è avvolta capo a piedi. Al suo fianco giace il Verbo fatto carne Sopra di lui il globo luminoso indica la divinità che fa irruzione sulla terra. Il raggio luminoso che, partendo di sopra inonda il Bimbo, indica la sua divina natura. La sua natura umana è indicata dal bagno che gli viene fatto da Salome secondo i Vangeli apocrifi. La scena è lontana da romanticismi bucolici; il Bimbo, infatti, è avvolto nelle fasce come se fasce un cadavere e giace quasi in una tomba. L’apertura oscura della grotta indica l’Ade. Così nell’icona della nascita di Cristo quel Bimbo è l’agnello di Dio
che sarà sacrificato per vincere la morte e il peccato. L’ombra della croce si trova anche in Giuseppe che in un angolo resta pensieroso, in crisi, s’interroga sulla provenienza di quel Bimbo. Rappresenta l’umanità che di fronte all’umiliazione di Dio che si fa uomo, trova difficoltà a credere.
4. L’ICONA DELLA RISURREZIONE
La tradizione bizantina, per raffigurare la Risurrezione, situa il Cristo risorto nella discesa all’Ade e questo per un preciso motivo teologico. Cristo non è un solitario che trionfa sulla morte, ma è il capo del Corpo che è la Chiesa, l’umanità redenta. Morendo distrugge la morte e risuscitando trascina verso la nuova vita l’umanità rappresentata da Adamo ed Eva che il Risorto, prendendo per mano, fa loro partecipe della sua risurrezione. «Colui che nel Paradiso disse ad Adamo: dove sei?” è salito sulla croce per cercare colui che era stato perduto. Egli è disceso negli inferi dicendo: “Vieni allora mia immagine e mia somiglianza”» (dall’Inno di Sant’Efrem il Siro). Il Cristo risuscitato non è vestito di porpora e di azzurro come nelle altre icone. Il suo corpo risorto è deificato, trasfigurato definitivamente, perciò le sue vesti sono candide, emanano luce, fanno così partecipe della sua vita divina l’umanità. Insieme alla morte è vinto l’inferno, il diavolo. Le porte degli inferi che tenevano imprigionato l’uomo sono distrutte. Si vedono sparse ne baratro chiavi, chiodi e Lui posa sulla porta distrutta. Nell’Ade, al posto dell’uomo, viene precipitato il diavolo incatenato e impedito così a nuocere all’uomo redento e liberato. Il Cristo dell’Anastasis (risurrezione), vestito di bianco o d’oro rifulgente, avvolto dalla mandorla di luce increata, inonda di fulgore l’inferno, aiuta Adamo a uscire dalla tomba ed appare indubitabilmente come il Cristo definitivo della parusia. Come si vede nell’Anastasis orientale si trova l’eco di una tradizione catechetica antica che apre una prospettiva di ottimismo cosmico e perciò riveste una grande importanza per la continuità della trasmissione della fede cristiana. Questa tradizione della discesa agli inferi è stata trasmessa, addirittura con entusiasmo, dalla liturgia; l’icona non fa che restare fedele a questo kerygma (annunzio) liturgico. Chi «legge» questa icona, legge il nucleo centrale del ministero della resurrezione di Cristo, rivissuto sacramentalmente dalla Chiesa.
(IX-fine)