I VECCHI CREDENTI E LA TRADIZIONE DELLE ICONE DI BRONZO

In merito alle richieste pervenuteci da alcuni amici del nostro sito Internet a proposito dei Vecchi credenti e delle icone di bronzo, pubblichiamo due preziosi contributi introduttivi a quest’arte iconografica che costituisce una parte non marginale della storia della fede nelle terre della Rus’.

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L’arte delle icone metalliche Russe è talvolta considerata una sorella minore di quella delle icone lignee dipinte, rispetto alla quale è sicuramente molto meno nota.
 Di origine bizantina anch’essa, si affermò in Russia soprattutto tra il 1600 e i primi ‘900 per l’impulso datole dalle fonderie dei monasteri e delle comunità legate ai Vecchi credenti, un movimento scismatico dell’ortodossia sorto nel XVII secolo, fedele alle antiche tradizioni russe rispetto alle riforme liturgiche introdotte dal patriarca Nikon e radicato nei ceti popolari.
La praticità legata al formato ridotto e alla sostanziale inalterabilità del materiale, solitamente metallo (leghe di rame), resero tali opere predilette per i viaggi, in guerra, il lavoro quotidiano per chi voleva pregare i propri Santi, la Vergine, Cristo nell’intimità. 
Il contenuto estetico inizialmente fu relativamente modesto, ma i maestri fusori riuscirono a dare anche dignità di esecuzione e bellezza a questi oggetti che, partendo dalle semplici placchette e croci bronzee medievali, prendevano le forme rappresentative di numerosi temi. Venivano purificate nel fuoco, pulite, dorate e smaltate, realizzate in dittici, trittici e polittici pieghevoli, adatti per il trasporto e la contemplazione.
 Tra i soggetti e varianti, si stima che le tipologie dei bassorilievi assommino in tutto a 100/1200 canoni diversi: si tratta delle icone di Cristo e della Trinità, della Madre di Dio, dei Santi e degli Eletti, e infine delle Feste liturgiche. I crocifissi costituiscono una categoria a sé stante. Uno spazio particolare è lasciato a San Nicola, soggetto preferito tra i Santi nell’iconografia russa per l’importanza della sua figura sia come taumaturgo che come massimo difensore dell’Ortodossia.
(Giuliano Buzzichelli, “La Porta dell’Oriente”, rivista internazionale dell’Enec sul Levante mediterraneo)

La vicenda dell’icona russa in età moderna è un’affascinante epopea della storia religiosa e artistica del nostro tempo: la comunità dei Vecchi credenti che, ribellandosi fin dal Seicento ad ogni innovazione rituale ed artistica e pagando per tutto ciò con la persecuzione, l’esilio e il martirio, ha mantenuto viva l’antica pittura liturgica su tavola e le fusioni d’immagini sacre in bronzo. Nel tempo i Vecchi credenti sono divenuti rispettati pittori, ricercati restauratori, colti collezionisti, ricchi mercanti e abili “copisti” d’icone antiche. Grazie a loro l’arte iconica russa non si è mai confusa con una pittura a soggetto religioso qualsiasi ma è rimasta il frutto di un complesso rituale per cui il pittore asceta, tracciando con i colori e i metalli pregiati i volti e le aureole di Cristo e della Madre di Dio, degli Angeli e dei Santi, forgia specchi che riflettono il mistero e schiude finestre visibili sul mondo invisibile. L’icona è l’unica forma artistica cristiana che resiste oggi allo sciatto mondo della secolarizzazione, custodendo nella sua arte l’intero patrimonio liturgico e spirituale dell’antica Chiesa Ortodossa.
(“Il Ponte”, settimanale cattolico della diocesi di Rimini)