L’ICONA DELLA DISCESA AGLI INFERI: LA RICCHEZZA DI UNA SIMBOLOGIA

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Nell’Ottava di Pasqua, domenica 27 aprile 2014, Nicola Maria D’Amico, frequentatore del sito “I sentieri dell’icona”, ha pubblicato nella sua pagina Facebook una interessante riflessione dedicata all’icona della Discesa agli Inferi. I contenuti del contributo, marcatamente divulgativi anche se rigorosi dal punto di vista scientifico, meritano di essere condivisi con gli amici di questo spazio web. Per questo li proponiamo, di seguito, integralmente.

La tipologia iconografica in esame è tratta dall’affresco della Risurrezione o Discesa agli inferi, realizzato intorno al 1310 da un iconografo bizantino anonimo, nell’abside della Chiesa di San Salvatore di Chora ad Istanbul. Tale chiesa risaliva originariamente al V sec., ma venne ricostruita nel XII sec.,  quindi completata e restaurata nel XIV, per opera del mecenate Teodoro Metochites, uno studioso di Aristotele, divenuto poi importante uomo politico. Nel 1330 a Metochites, esiliato per motivi politici, fu concesso di ritornare nel monastero di Chora, dove adibì ad uso funerario la piccola cappella situata accanto alla chiesa principale ,divenuta quindi sua cappella privata. E’ nel catino absidale di questa che si trova l’affresco raffigurante l’Anàstasis, cioè la Risurrezione o Discesa agli inferi di Gesù.

Simbologia dei colori
Gesù indossa una veste bianca, simbolo dell’innocenza, della luce e della teofania, cioè della manifestazione divina: infatti anche nella Trasfigurazione Cristo indossa una veste candida e luminosissima. L’abito di Adamo è verde, simbolo della vita nuova nella natura e nello Spirito, quindi della speranza e dell’attesa della rinascita spirituale, che Gesù ha portato ad ogni uomo con la sua Risurrezione. Eva indossa veste e manto viola, il colore dell’Avvento e della Passione e perciò dell’espiazione: Gesù risolleva l’umanità che ha già espiato il suo peccato. Il colore marrone chiaro delle rocce è simbolo della terra, dell’umiltà e della povertà, intesa sia in senso positivo riferito a Gesù, che in senso negativo, riferito all’aridità e alla povertà spirituale dell’uomo. Gli inferi sono dipinti in nero, simbolo del regno dei morti, delle tenebre del peccato, della morte spirituale. Il fondo oro è segno della luce divina dello Spirito, che ha ispirato e illumina dall’interno l’icona, rendendola, a sua volta, veicolo di grazia spirituale per chi la contempla in atteggiamento di umile preghiera.

Altri particolari
Nella parte bassa dell’icona, sotto i piedi di Gesù, sono raffigurate le porte degli inferi scardinate e abbattute a terra, per indicare che Cristo con la Sua Risurrezione ha sconfitto la prigionia del peccato e della morte. Nella zona nera dell’icona, simbolo degli inferi, sono sparse le chiavi, i chiodi, la serratura, le cerniere dei cardini delle porte infernali e le catene che tenevano legata l’umanità schiava del male. Le rocce aride raffigurate ad arco sono il simbolo della ” aridità della terra e quindi del nostro cuore, che si lascia però penetrare dalla potenza e dalla luce della Risurrezione”.
Un’antica omelia sul Sabato Santo poneva così sulle labbra di Cristo rivolto ad Adamo le parole stesse dell’invocazione battesimale in uno della Chiesa apostolica: “Io sono il tuo Dio, che per te sono divenuto tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano nel carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati tu che dormi! Risorgi dai morti”. L’icona della Discesa agli inferi proclama in modo inequivocabile questo messaggio pasquale. Nella grande fascia diagonale di luce che parte dalla montagna illuminata a destra. Il Cristo in pieno movimento, ancora nell’atto di scendere, abbagliante come la folgore sullo sfondo scurissimo del nimbo di gloria, compie allo stesso tempo il movimento opposto, quello cioè di risalire, quasi risucchiato potentemente verso l’alto, trascinando con se quelli che è andato a liberare. Verso il Cristo Salvatore si protende l’ampio arco della figura di Adamo come saldata a lui nella forte presa del polso; dal canto suo la Madre dei viventi raffigurata quale perfetto compimento cromatico di Adamo è pronta ad essere rialzata dal Signore; verso di lui convergono le mani in preghiera di Davide e Salomone e di Giovanni il precursore, mentre la montagna alle loro spalle riprende l’arco della sagoma di Adamo; anche la croce vittoriosa che funge da raggio al cerchio di gloria è spostata leggermente a destra rispetto alla verticale. Ma è forse sulla montagna illuminata, in continuità con la veste svolazzante del Signore risorto, che si trova la chiave del duplice movimento: se infatti per effetto della prospettiva inversa, la luce cade rimbalzando sugli enormi gradoni assorbita dalla figura di Cristo e rifranta nei segni ormai inutili della prigionia, il contorno convesso della montagna in alto, frutto anch’esso della prospettiva inversa, fa si che, per un effetto ottico, le linee che includono la fascia di luce in movimento sembrano di nuovo divergere, aprendosi all’Oriente infinito.