“STALIN E IL PATRIARCA”: IL REGIME E LA CHIESA IN UN SAGGIO DI EINAUDI

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In Unione Sovietica il potere comunista fece del credo antireligioso uno dei suoi cavalli di battaglia: l’«uomo nuovo» vagheggiato non avrebbe dovuto nutrire alcuna fede religiosa, né essa avrebbe dovuto occupare alcun posto nella società e nell’organizzazione dello Stato sovietico. Ma la Seconda guerra mondiale avrebbe cambiato molte cose, e Stalin avrebbe imparato a gestire in modo molto piú sofisticato il suo rapporto con la Chiesa ortodossa. Una storia complessa e ricca di implicazioni, ricostruita con esattezza di dettaglio e ampio uso di fonti originali sovietiche, ripercorsa con eccezionale ricchezza documentale da Adriano Roccucci, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Roma Tre, nel volume “Stalin e il patriarca. La Chiesa ortodossa e il potere sovietico” (Einaudi, 2011, 509 pagg., 36 euro). La ricostruzione del complesso rapporto fra il Governo bolscevico, imbevuto di un’ideologia drasticamente atea e anti-religiosa, e l’istituzione ecclesiastica, costretta a pagare, anche in termini di vite umane, un pesante tributo al regime, prende spunto da un fatto storico decisivo. Nella notte tra il 4 e il 5 settembre 1943 Stalin ricevette al Cremlino i tre metropoliti che assicuravano il governo della Chiesa ortodossa russa. Fu un incontro sorprendente. Il leader sovietico nei decenni precedenti aveva scatenato una persecuzione implacabile nei confronti degli ecclesiastici e dei fedeli ortodossi. I tre vescovi, fra i quali il futuro patriarca Sergij, erano dei sopravvissuti all’offensiva antireligiosa consumatasi nel quarto di secolo precedente a quel colloquio. Nel corso di una lunga e cordiale conversazione Stalin espresse il suo consenso all’elezione di un patriarca a capo della Chiesa russa. Dal 1925, infatti, la sede patriarcale era vacante, per il rifiuto del potere sovietico di autorizzare la Chiesa a eleggere un suo nuovo capo. L’8 settembre 1943 il metropolita Sergij (Stragorodskij) fu eletto patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Cosa aveva determinato questo cambiamento della politica religiosa sovietica? Quali erano le radici profonde di questa nuova alleanza tra Chiesa ortodossa e regime? E perché Stalin aveva deciso di far rinascere il patriarcato? A questa domanda cerca di dare una risposta esaustiva l’autore che riesce a dare corpo a un’opera ponderosa ma dai forti connotati divulgativi nella quale trovano spazio approfonditi, e finora inediti riferimenti, alla devastazione dei luoghi di culto, degli arredi sacri e, in particolare, delle icone. Ha scritto la rivista di Storia contemporanea “Diacronia” nella sua recensione: “Il risultato è un saggio di valore nel quale si ripercorrono le diverse e travagliate fasi del rapporto fra comunismo e Chiesa ortodossa”.