ORIENTE E OCCIDENTE UNITI DALLA FESTA DEDICATA ALLA CROCE

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Il 14 settembre la Chiesa celebra la festa dell’Esaltazione della Croce “preziosa e vivificante” che unisce Oriente ed Occidente e alla quale si richiama un soggetto tipico dell’iconografia. Nella sua edizione del giorno, il quotidiano della Santa Sede “L’Osservatore Romano” ha dedicato un importante articolo alle origini della solennità e, soprattutto, a un’omelia tenuta ad Antiochia il 14 settembre di 1700 anni fa. Lo riportiamo per i numerosi spunti interessanti, e in parte inediti, che offre al lettore.

In un’omelia tenuta ad Antiochia il 14 settembre 513
IL LEGNO DELLA MISERICORDIA

di Manuel Nin
La festa dell’Esaltazione della croce “preziosa e vivificante” è legata alla dedicazione della basilica della Risurrezione costruita nel 335 a Gerusalemme sulla tomba del Signore. Per la festa si conserva un’omelia di Severo, monaco e poi patriarca di Antiochia, tenuta il 14 settembre 513, quindici secoli fa. Alcuni indizi indicano che durante la liturgia fu fatta un’ostensione e una benedizione con la croce, poi venerata dai fedeli.
Severo all’inizio spiega il perché della celebrazione: come nell’Antico Testamento si parla della dedicazione del Tempio, per i cristiani la festa della croce suppone la venerazione di quel segno “che consacra ogni tempio e porta a termine ogni sacrificio spirituale”. Severo insiste nel sottolineare che la croce si celebra non perché essa ne abbia bisogno, ma perché la nostra vita cristiana ha bisogno di questo rinnovamento. “Quando parlo della croce – dice il predicatore – parlo dell’albero, dell’antico e del nuovo; l’antico che fu piantato nel bel mezzo del paradiso e di cui non si poteva mangiare il frutto; il nuovo su cui fu crocefisso colui che si era incarnato”. La croce è il vero albero della conoscenza del bene e del male: “E a noi, istruiti ed educati non da un soggiorno nel paradiso, ma dalla legge e dai profeti, l’Emanuele, medico sapiente e dottore delle nostre anime, al tempo opportuno ci ha permesso di mangiare dal frutto dell’albero, avendo noi imparato che è lui stesso l’albero della conoscenza del bene e del male”. L’immagine dell’albero porta Severo a identificare Cristo e la sua croce.
“Dio mise un cherubino con una spada fiammeggiante – continua l’omelia – per custodire il cammino verso l’albero della vita, il cherubino affinché noi sapessimo che l’albero della croce è l’albero di Dio, di fronte a cui stanno i cherubini. L’Emanuele stabilì la spada fiammeggiante quando entrò nel paradiso, e l’ha ritirata quando ha fatto entrare con lui anche il ladro”. Le liturgie orientali hanno poi sviluppato tutta la simbologia della croce come chiave con cui si riapre la porta del paradiso.
Severo prosegue con una lunga serie di immagini veterotestamentarie viste come prefigurazione della croce: “È stato anche il prezioso legno della croce che ha fatto cessare il diluvio nei giorni di Noè. La colomba, presa come figura dello Spirito Santo, ritornò all’arca all’ora del tramonto, portando un ramo di ulivo a indicare che la terra era asciutta. Anche per noi la croce è diventata il legno della misericordia e della carità; legno che l’Emanuele, per la sua misericordia verso di noi, ha preso su di sé e che lo Spirito Santo ha annunziato per mezzo della bocca degli apostoli”. E altre immagini prefigurano la croce: il bastone di Mosè in Egitto di fronte al faraone e nella vittoria contro Amalek.
Il predicatore ricorda poi ai fedeli che lo ascoltano il terremoto di Antiochia del 14 settembre 458 ed esorta l’uditorio alla carità verso i bisognosi, come avevano fatto gli abitanti della città nei giorni del terremoto. Verso la fine dell’omelia Severo riprende il tema della croce, presentandola come altare su cui si è offerto il Verbo di Dio incarnato: “Per questo, quando presentiamo davanti a voi il legno della croce, facciamo memoria del Dio che si è incarnato, vittima immolata per tutti noi. Perché l’altare propiziatorio veramente è la croce, come ha indicato il profeta Ezechiele nella visione del tempio spirituale che doveva venire, cioè la Chiesa”. E il vescovo conclude spiegando il significato della croce innalzata verso i quattro punti cardinali e del gesto fatto per benedire tutto il mondo nella liturgia di questo giorno: “Colui che è stato disteso sulla croce e ha sofferto nella carne, è il Signore, creatore e artefice dei quattro angoli della terra e che tutto riempie”.
(©L’Osservatore Romano, 14 settembre 2013)

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