L’ICONA, “LUOGO DELLA PRESENZA DI DIO E CANALE PRIVILEGIATO DELLA GRAZIA” (4)

Il sito Internet simmetria.org, espressione dell’omonima associazione fondata da Claudio Lanzi nel 1975 come gruppo di ricerca sulle scienze e sulle tradizioni spirituali d’Oriente e d’Occidente, svincolato da qualsiasi sudditanza culturale e politica, col quale hanno collaborato accademici e docenti di fama internazionale, ha pubblicato nel 2006 uno studio molto interessante e documentato dedicato all’arte delle icone. Ancorché nel solco di altri contributi presenti nel nostro spazio web, l’approfondimento si segnala per la ricchezza degli spunti e dei riferimenti documentali. Lo proponiamo, in puntate successive, all’attenzione dei nostri lettori.

Canoni e creatività

Le rigorose disposizioni riguardanti la realizzazione dell’icona e la condotta morale ed esistenziale dell’artista possono apparire agli occhi dell’uomo occidentale quasi delle norme eccessivamente rigide ed ancorate al passato. Le regole concernenti il formato del manufatto e alle sue misure, i costanti e continui richiami alla povertà corporale e spirituale del pittore, quale testimone della Parola di Cristo, inducono a vedere nell’iconografia un’arte soffocata dai canoni. In questa prospettiva l’autore di icone si troverebbe ad essere condannato ad obbedire passivamente a regole esteriori, imposte dalla gerarchia ecclesiastica e dalle ordinanze conciliari.

In realtà, quando si intende operare un’analisi delle icone, sia dal punto di vista strettamente artistico sia da quello più propriamente teologico, non bisogna dimenticare che in questi manufatti l’estro personale del pittore cede il passo a un altro principio di creatività, quello cattolico (inteso nel senso etimologico del termine, ossia nel significato di universale): “Nella Chiesa tutto viene definito non dallo “stile”, ma dal canone: ogni creazione, se è ecclesiale, viene compresa inevitabilmente all’interno del canone”. [73]

B8E7087B-D894-4137-87FF-236D00FD68CB

L’iconografo si incammina spontaneamente e consapevolmente sul sentiero tracciato da Gesù. Come ogni uomo egli ricerca un dialogo continuo e proficuo con Di0, mettendo al servizio del Signore la propria vita e la propria opera. È una risposta al dono divino che gli è stato fatto, un modo per ringraziare l’Altissimo del talento ricevuto in Grazia:
La Rivelazione non è un’azione unilaterale di Dio sull’uomo; essa suppone necessariamente la cooperazione dell’uomo, lo chiama non alla passività, ma ad uno sforzo attivo di conoscenza e di penetrazione. [74] Il pittore, seguendo Gesù e memore del Suo sacrificio, non può concepire la propria realizzazione come uomo e come testimone di Cristo in una creatività solitaria ed individuale. Egli trova invece necessario porsi al servizio dell’intera comunità, per rendersi strumento della volontà divina. In questa prospettiva il canone iconografico non viene percepito come un fardello o un’imposizione, poiché, obbedendo fedelmente alle regole della Chiesa ortodossa, l’artista dà modo alla propria esistenza e al proprio talento di inserirsi all’interno della vita ecclesiale:
Nei vari ambiti della vita e della creatività ecclesiali, il canone è la forma che la Chiesa imprime al cammino dell’uomo verso la sua salvezza. È nel canone che la tradizione iconografica realizza la propria funzione come linguaggio artistico della Chiesa. [75] Il canone diventa una regola esistenziale, una norma interiore, che nasce dal bisogno di essere autentici testimoni del Messia e della Sua Verità. La partecipazione attiva e consapevole alla missione cristiana si realizza nella vita eucaristica della Chiesa, depositaria e custode dell’eredità apostolica:
L’unità della verità rivelata è strettamente connessa alla molteplicità delle esperienze personali che si possono avere di questa verità. […] Perciò l’icona canonica testimonia l’ortodossia, indipendentemente dai cedimenti dei portatori della verità […]. Qualunque sia il livello spirituale e artistico del pittore, anche se si tratta di un artigiano di poco conto, l’icona canonica, sia antica che nuova, testimonia un’identica verità. [76]
Nel grigiore della banalità e nelle tenebre delle prove della vita l’iconografo è colui che ricerca senza posa la fiamma capace di illuminare e riscaldare il cuore dell’uomo, trasformandolo in fiaccola ardente. Un fuoco sempre acceso, che offre ristoro e infinita serenità, vincendo il freddo della solitudine e dell’angoscia, come viene ribadito dall’evangelista Giovanni, memore delle parole pronunciate da Cristo stesso: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. [77]

(4-fine)

[73]L. A. Uspenskij, op. cit., p. 357.

[74]Ibidem.

[75]Ibidem, p. 358.

[76]Ibidem, pp. 358-359.

[77]Vangelo secondo Giovanni 8, 12.