L’ARCHITETTURA NELL’ICONOGRAFIA ANTICA: QUALCHE SPUNTO DI CONOSCENZA

Il sito Internet delle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari di Vicenza, che ospita una delle più consistenti e rilevanti, per importanza storico-artistica, collezioni di antiche icone dell’intero Occidente, oggi di proprietà della Banca Intesa Sanpaolo, un breve ma interessante contributo dedicato a un aspetto spesso non adeguatamente valorizzato dell’arte iconografica: quello architettonico. Il testo è retaggio di una mostra che le stesse Gallerie, con relativo catalogo, ospitarono alcuni anni fa ma, nella sua essenzialità, offre già molteplici spunti di ulteriore approfondimento.

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L’icona orientale sembra seguire codici immutabili, affidarci le immagini perenni del sacro, tanto negli avvenimenti, nei gesti, nelle fisionomie, come pure per gli assetti dell’impaginazione. Esistono certamente prevalenti componenti tradizionali, ma ciò non deve condurci a trascurare anche l’intima, profonda storicità di questa pittura: la resa degli elementi architettonici nello sfondo delle rappresentazioni ci aiuta certamente a percepirla.

Essa muta infatti sensibilmente nel corso dei secoli; possiamo individuare schematicamente una fase più arcaica, tra XI e XIII secolo, in cui quegli elementi, se non proprio assenti, non vantano però particolare rilievo; una seconda, sino al XVI, ancora largamente debitoria nei confronti della tradizione bizantina, per quanto concerne l’impiego e il ruolo delle forme architettoniche; solo successivamente a questa data aumentano, con preoccupazioni di crescente realismo, i prestiti dall’arte, rinascimentale e barocca, dell’occidente europeo: una dinamica riscontrabile in particolare proprio nella configurazione degli elementi architettonici.

Dal XVII secolo anche per le icone si parla, non casualmente, di una “pittura di palazzi”. Tale evoluzione interseca inoltre i diversi e susseguenti significati che quegli elementi finiscono per assumere nella rappresentazione. Lo sfondo adempie sostanzialmente il ruolo di identificare il luogo di svolgimento di un’azione, ma l’esigenza di mostrare uno spazio ideale e spirituale, popolato di figure sacre, parallelo a quello della vita quotidiana, determina, almeno inizialmente, un maggiore ricorso agli stilemi dell’architettura classica, o tardo-bizantina: soluzioni fantasiose, a tratti fiabesche, senza pretese di realismo. A tale scelta concorrono forti componenti simboliche: la figura sacra (si tratti della Madre di Dio, del Salvatore, dei santi) in qualche modo coincide con il tempio, con la Chiesa, con la sede della potenza salvifica di Dio, e ciò determina particolari soluzioni nel rapporto tra figura e sfondo, per esempio mediante dinamiche di riduzioni di scala e di appiattimento, che mirano a sottolineare quella coincidenza. La stessa prospettiva rovesciata, con il punto di fuga esterno allo spazio dell’icona, rimarca l’epifanicità della scena; non esistono inoltre distinzioni nette tra interno ed esterno: almeno sino alla fine del XVI secolo basta la sovrapposizione della figura all’edificio per indicare che un particolare avvenimento si svolge all’interno di uno spazio costruito.

Dall’avvio del Seicento cresce invece, da un lato, il bisogno di una più evidente e convincente identificabilità di un luogo specifico, sottoposto alla protezione della Vergine (per esempio nel tema della Madre di Dio di Bogoljubovo) o di un santo (come nel caso di san Nicola di Mozaisk); dall’altro, anche grazie alla diffusione delle incisioni a stampa, l’esigenza di aggiornare gli elementi architettonici attingendo al repertorio, comunque classico, del Rinascimento e del Barocco europeo.