L’ICONA DELLA TRINITÀ DI ANDREJ RUBLEV: LA “LETTURA” DI DON GIANLUCA BUSI

Sono sempre frequenti, fra gli amici del nostro sito, le richieste di approfondimenti e delucidazioni con riferimento alla nota icona della Trinità di Andrej Rublev, oggi conservata alla Galleria Tret’jakov di Mosca. Benché, nelle diverse sezioni del nostro spazio web, siano numerosi i contributi già presenti di autorevoli studiosi (per risalirvi, basta utilizzare il motore di ricerca interno), tali sollecitazioni dimostrano la centralità dell’opera di Rublev non solo nella storia dell’iconografia, ma anche nell’approccio interiore e personale alle Sante icone. Proponiamo, perciò, la “lettura” di tale capolavoro da parte di don Gianluca Busi, autorevole componente del nostro Comitato scientifico, iconografo e studioso dell’arte dell’icona, pubblicata nel libro “Il segno di Giona” (Dehoniana Libri, 2010).

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di don Gianluca Busi

Fin dai primi secoli, l’episodio dell’incontro dei tre angeli con Abramo alle querce di Mamre, è tato considerato particolarmente significativo, ed è stato ampiamente rappresentato nei dipinti. Questi antichi pittori erano colpiti dalla misteriosa apparizione di questi “tre angeli”. Infatti nel passo di Genesi 18 si dice enigmaticamente che: “Il Signore apparve a lui alle Querce di amre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: “Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Permettete che vada apprendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, (..)” (Gen 18,1ss) 2 Si può notare che si parla alternativamente del Signore (al singolare) che alternativamente diventa i tre angeli (al plurale). Se potessimo dare uno sguardo ad una carrellata di dipinti (icone e affreschi) a partire dal periodo delle catacombe fino al 1400 potremmo notare lo sforzo impiegato per rappresentare questo misterioso incontro. Inoltre questo episodio sigilla una fase determinante del “ciclo” di Abramo, infatti Dio gli si rende presente a Mamre per dirgli che si avvererà definitivamente la promessa fatta da Dio: sua moglie Sara, ormai vecchia avrà un figlio. Così si è progressivamente cristallizzato uno schema rappresentativo che vede i tre angeli seduti su seggi attorno ad un tavola imbandita con Abramo (alla destra) e Sara (alla sinistra) che servono gli ospiti, alle spalle il paesaggio raffigura poi la casa (tenda) di Abramo, la Quercia e il Monte (probabilmente il monte Moria: luogo del sacrificio di Isacco). Con un po’ di immaginazione si può pensare ad una icona simile a Quella di Rublev, ma con in più Sara e Abramo e la tavola con molte vivande. Questa diventò l’icona chiamata “dell’ospitalità di Abramo” oppure “della Trinità dell’Antico Testamento”.

I pittori volevano descrivere con una immagine un momento saliente della vita di Abramo e anche il mistero di questo Dio che si rendeva visibile in tre persone-angeli. L’icona che ci troviamo di fronte è opera di Andrej Rublev, massimo iconografo russo, era monaco ed è considerato Santo dalla Chiesa Ortodossa. Ha operato nei primi decenni del 1400 dipingendo per le più importanti basiliche russe. Rublev conosceva sicuramente l’icona dell’ospitalità di Abramo perché era un dipinto molto diffuso ai suoi tempi. L’ispirazione originale che gli dobbiamo fu la reinterpretazione del dipinto in quell’icona che noi abbiamo sotto gli occhi e che venne poi chiamata “Trinità del Nuovo testamento”. Alla luce di quanto dicono le scritture Rublev pensò che i tre angeli che visitarono Abramo potessero essere rappresentati anche nella loro posizione celeste. Cioè affermò che Dio può essere rappresentato in se stesso attraverso la metafora dei tre angeli che sedettero alla tavola di Abramo alle Querce di Mamre. Un digressione importante: l’icona della Trinità fu considerata per almeno un secolo una icona “dubbia” se non addirittura “eretica”. Infatti si pensava che Dio in sé stesso non potesse essere rappresentato in nessun modo. Infatti nella scrittura in 3particolare in Gv 1,18 si legge che: “Dio nessuno lo ha mai visto, il Figlio che sta nel seno del Padre, lui ci ha rivelato il suo volto”. Da cui deriva che la massima rappresentazione di Dio consentita per una icona coincide con una immagine di Gesù. Rublev quindi fece un dipinto che si muoveva contro la tradizione iconografica, rappresentando Dio in sé stesso. La Chiesa ortodossa nel concilio dei 100 capitoli (del 1551) comunque dichiarò canonica l’icona della Trinità, dichiarò santo Andrej Rublev, e lo scelse come modello fra tutti gli iconografi. Questa icona intende rappresentare Dio in Sé stesso. Quindi troviamo in questo panorama celeste: i tre angeli apparsi ad Abramo che sono diventati le tre persone della Trinità. Il Padre, alla sinistra vestito di rosa. Il Figlio al centro, vestito in rosso e in blu con il clavo giallo-oro con cui vestivano i diaconi. Lo Spirito Santo alla sinistra, vestito di blu e di verde. Gli altri simboli, che originariamente erano legati all’incontro storico degli angeli a Mamre sono diventati invece: la casa di Abramo è ora il Tempio; la quercia di Mamre è la croce di Cristo; la Montagna del sacrificio di Isacco è la roccia del deserto battuta dalla verga di Mosè da cui uscì l’acqua. La tavola è l’altare su cui si è consumato il sacrificio di Gesù, e al centro i vari cibi sono diventati semplicemente un vitello immolato (nb. Non è chiaro cosa ci sia dentro la coppa: chi dice ci sia un pane eucaristico, chi dice ci sia il volto di un ragazzo, chi pensa ad un vitello), segno di Gesù “Agnello-vittima” immolata.

Lettura simbolica
L’icona è caratterizzata anzitutto da un movimento rotatorio complessivo, che tende a imprimere un movimento di passaggio dello sguardo fra le varie figure: Questo aspetto è reso dal punto di vista pittorico dal fatto che i tre angeli sono compresi entro un cerchio perfetto, che ha il centro nella coppa e i limiti esterni nel capo di Gesù e nei piedi del Padre e dello Spirito. Inoltre i simboli alle spalle dei tre: casa, albero, montagna, hanno un andamento che prolunga la posa del personaggio di riferimento, che contribuisce ad accentuare il movimento di rotazione. Ancora: lo sguardo è invitato a porsi anzitutto sul capo del Padre, a causa della stabilità di questa figura. Sguardo che poi tende a scivolare lungo questa figura fino ai piedi e viene rimandato ai piedi dello Spirito. Qui risale fino al capo attraverso la manica 4e raggiunto il capo finisce sul volto del Figlio. Di qui poi si divarica. O scende lungo la manica e si ferma sul gesto di benedizione sulla coppa; oppure si posa sul volto del Padre e ricomincia il ciclo rotatorio. La dinamica rotatoria sottolinea l’idea di perfezione dell’amore che lega le tre persone della Trinità. Sono distinte ma decidono di offrirsi l’una altra.

Tutto questo avviene nella delicatezza e nella pace. Inoltre si dice implicitamente che questo amore non rimane fine a se stesso, infatti il ciclo rotatorio che si conclude con la benedizione della coppa indica che questo amore dei tre, è anche rivolto verso il sacrificio d’amore che Dio compie verso l’umanità. E’ importante la posizione che le figure assumono perché sembrano suggerire una lettura dell’attività di Dio nella storia degli uomini. Il Padre infatti è immobile e stabile sul suo seggio. Infatti Egli è colui che crea e conserva nell’essere il mondo e che attraverso la sua pazienza e misericordia accoglie l’uomo nella sua casa. Il Figlio invece sembra che si stia posando: come fosse arrivato in questo momento e stia prendendo ancora posto: probabilmente ci si riferisce qui alla missione del Figlio sulla terra, dopo la sua morte e risurrezione è ritornato al Padre. Lo Spirito invece sembra stia per alzarsi, infatti Gesù diceva che la sua partenza dal mondo avrebbe aperto la strada ad un “Consolatore” che avrebbe accompagnato la vicenda storica dei credenti. Quindi l’icona della Trinità sembrerebbe raffigurare anche l’avvicendamento delle persone del Figlio e dello Spirito nella loro missione sulla terra. Una ulteriore interpretazione la si ottiene attraverso l’associazione fra la piccola coppa che sta sull’altare e la grande coppa che si forma al centro dell’icona. La grande coppa si forma, con un po’ di immaginazione prendendo come base i piedi esterni del Padre e dello Spirito e come pareti esterne i contorni interni sempre del Padre e dello Spirito fino alla spalla. Poi si congiungono le spalle e si ottiene una grande coppa che contiene al suo interno la figura del Figlio: osservando sarà molto più facile capire comunque… La simbologia è comunque molto puntuale. E sembra sottolineare che il sacrificio e la pazienza che Dio dimostra nei confronti dell’umanità, non è una fra le tante cose che fa. Ma indica che tutta l’essenza del mistero di Dio si potrebbe riassumere nel sacrificio. 5 Un sacrificio così totale che contiene la persona del Figlio. Questa interpretazione probabile, dilaterebbe ulteriormente il significato di questa icona: Dio non soltanto benedice il sacrificio, ma la sua essenza si riassume nell’amore per l’uomo. Un amore così forte che si spinge fino al sacrificio di Dio stesso per ognuno di noi.