L’ICONA NEL PENSIERO RUSSO DEL XX SECOLO: PER CAPIRE LA “RISCOPERTA” (8)

Dalle pagine web di iconecristiane.it, sito cattolico per lo sviluppo dell’iconografia in Italia, proponiamo all’attenzione degli amici de “I sentieri dell’icona”, in parti successive, lo studio dal titolo «L’icona nel pensiero russo» a cura di Pietro Galignani. Si tratta di una versione aggiornata dell’articolo pubblicato nel gennaio-febbraio 1988 sul n. 55 di “Servitium – Quaderni di spiritualità”, Sotto il Monte (BG), già riportato su www.larici.it.

L’icona nel pensiero russo del XX secolo

a cura di Pietro Galignani – Milano, giugno 2016

Annuncio della fede ed esperienza di spiritualizzazione

Leonida Uspenskij unisce l’esperienza pittorica e la meditazione teologica in una organica chiarificazione di quanto già la tradizione aveva autorevolmente stabilito. Secondo lui l’epoca della controversia iconoclastica ha già sviscerato il problema in tutti i suoi aspetti essenziali e ha tracciato una sicura teologia dell’icona che deve essere intelligentemente custodita e meditata.
Per tale motivo la comprensione teologica dell’icona non può essere effettuata che nella sintesi dei contributi d Giovanni di Damasco, degli atti del secondo concilio di Nicea, delle chiare precisazioni di Teodoro di Studion. Qui la tradizione, sollecitata dalla situazione contingente, messa di fronte all’eresia degli iconoclasti, non ha fatto altro che affermare solennemente ciò che sempre ha vissuto e creduto. L’immagine infatti non è un aspetto secondario del cristianesimo. Dipingere e venerare l’icona significa proclamare il dogma cristologico in tutta la sua estensione e in tutte le sue implicazioni. Questa consapevolezza è stata profondamente recepita e condensata nei testi poetici della prima domenica di quaresima che è memoria del concilio del 787 che è sentito come sigillo di tutti gli altri ed è perciò Trionfo dell’Ortodossia.
Il significato ed il contenuto dell’icona è tutto compreso e con grande efficacia proclamato nel kontakion di questa festa:
Il verbo del Padre, che non ha limiti, si è circoscritto prendendo umana carne nel tuo seno, o madre di Dio; ha riportato al primitivo stato la nostra immagine deturpata e l’ha unita alla bellezza divina. Proclamando la nostra salvezza, noi la esprimiamo con dell’uomo a Dio, la nostra confessione della verità salvifica dell’incarnazione, l’accettazione da parte dell’uomo dell’economia divina e la sua partecipazione all’opera di Dio, e di conseguenza la realizzazione della nostra salvezza.[30] L’icona è possibile dunque poiché Dio in Cristo ha assunto la natura umana attraverso la Madre di Dio. Il divieto veterotestamentario non è totalmente annullato bensì risignificato in un nuovo contesto. Poiché per essenza Dio è invisibile e inconoscibile ne consegue che è irrappresentabile. È rappresentabile invece la rivelazione personale di Dio in Cristo che opera la salvezza dell’uomo e del cosmo. Perciò quello che l’icona rappresenta è l’umanità di Cristo penetrata dalle energie divine che la trasfigurano e la rendono deiforme. Analogamente l’icona rappresenta la Madre di Dio e i santi nella loro realtà di persone che sono state completamente trasformate dalla grazia, vale a dire spiritualizzate e deificate dalla luce increata (dalle divine energie, attraverso l’opera dello Spirito Santo. L’icona perciò “trasmette attraverso mezzi materiali, visibili agli occhi carnali, la bellezza e la gloria divina” [31].

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I Padri infatti dicono continuamente che l’icona è venerabile proprio perché trasmette lo stato deificato del prototipo e porta il suo nome, e nella misura in cui avviene questa trasmissione la grazia propria del prototipo è presente nell’immagine. In questa prospettiva sono vinte alla radice tutte le obiezioni contro le immagini che si sono presentate nel corso della storia e si fondano in ultima analisi sul principio che per sua natura Dio è assoluta trascendenza. L’obiezione è sostenibile e formulabile solo se non si comprende fino in fondo la dimensione teologica dell’icona che i Padri hanno sostenuto, il concilio ha proclamato e i testi liturgici hanno ribadito.
L’icona non rappresenta affatto la Divinità, ella indica la partecipazione dell’uomo alla vita divina.[32]
Realismo e simbolismo vanno tenuti insieme e ben compresi nel loro legame reciproco che è fondato sul mistero del rapporto tra l’umanità e la divinità in Cristo. Questa decisa sottolineatura permette all’Uspenskij di giungere a una comprensione della natura dell’icona che si libera del dualismo platonico sotteso in alcune formulazioni della tradizione che poi i filosofi religiosi hanno ribadito in altro contesto. La sua evoluzione culturale e la sua storia spirituale lo hanno portato a unire icona e teologia senza passare attraverso la filosofia religiosa e lo hanno tenuto al riparo dal suo platonismo. Non esistono due realtà, una spirituale e una materiale, che si corrispondono e nell’icona vengono in contatto tra loro. L’arte iconografica non può che dipingere il mondo visibile che è l’unico rappresentabile, ma lo dipinge non nella sua naturalità e storicità ma nella sua realtà spiritualizzata o deificata che già esiste ma non si è ancora compiutamente espressa e manifestata. L’icona cioè non rappresenta un altro mondo ma questo mondo totalmente trasparente alla gloria divina, alle divine energie, alla luce increata. In questo e solo in questo preciso significato si può dire che l’icona è immagine dell’invisibile proprio perché essa nel visibile contempla l’invisibile cioè lo stato deificato dell’uomo e della natura.
L’icona dunque è l’annuncio della gloria di Dio che illumina e trasforma il mondo creato il cui compito è accettare questa illuminazione lasciandosi deificare da questa trasformazione. La Madre di Dio, a cui è indirizzato il kontakion, con la sua disponibilità e obbedienza ha reso possibile l’apparizione nel mondo di Cristo che la gloria di Dio e perciò è stata deificata. Al mondo creato allora tocca di rendere gloria a Dio con la parola e con l’azione che è sì ascesi personale ma anche rappresentazione della gloria stessa di Dio. Uspenskij giustifica i due significati del termine azione ricorrendo al terzo paragrafo del Sinodikon del trionfo dell’ortodossia il quale proclama:
Memoria eterna a quelli che credono e provano le loro parole con scritti e le loro azioni con rappresentazioni, per la diffusione e l’affermazione della verità attraverso le parole e le immagini.[33]
L’icona dunque non è un elemento secondario della tradizione; è uno degli elementi fondamentali con cui l’uomo realizza il suo compito che consiste nel vivere a maggior gloria di Dio.

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Da queste affermazioni derivano importanti conseguenze che vengono sottolineate con chiarezza e vigore e qui sono riportate sinteticamente. Prima di tutto viene recuperato il vero significato dell’insistenza della tradizione sulle icone non fatte da mano umana e di quelle dipinte da san Luca.
L’immagine di Edessa e quelle attribuite a san Luca attestano che Cristo e gli apostoli iniziarono la tradizione iconografica e che quindi la Chiesa trasmette realmente i tratti autentici dei prototipi.
Per la rappresentazione di Cristo, dei santi e degli avvenimenti della storia sacra, la chiesa conserva piamente la realtà storica. Solo la sottomissione alla storia nel modo più concreto può far sì che l’icona diventi per noi un incontro personale nella grazia dello Spirito santo con colui che essa rappresenta.[34]
Se la fedeltà storica è necessaria non è ancora sufficiente perché nella produzione dell’icona si richiede l’esperienza personale e concreta della grazia che permette di trattare i mezzi tecnici in modo tale che essi divengano trasparenti veicoli della gloria di Dio. Solo i santi che hanno sperimentato la trasformazione operata dalla grazia possono rappresentare la partecipazione dell’uomo alla vita divina e secondo l’esperienza realizzata. Poiché però raramente gli iconografi raggiungono la totale perfezione debbono rappresentare le icone conformemente alla tradizione perché nella tradizione essi partecipano all’esperienza dei santi iconografi, all’esperienza vivente della Chiesa.
Da quanto sopra detto deriva che l’icona è per sua natura miracolosa; per il rapporto particolare che c’è tra l’immagine e il prototipo bisogna affermare che c’è una certa presenza del prototipo nella sua immagine e ciò è il fondamento della miracolosità dell’icona. Tutte le immagini sono per loro natura miracolose. Alcune poi sono particolarmente venerate perché hanno espresso esteriormente la loro potenza taumaturgica con segni e prodigi.
Con queste considerazioni viene ribadita l’affermazione dell’unità tra ascesi e rappresentazione iconografica il cui contenuto costituisce una vera direzione spirituale della vita cristiana e della preghiera. L’icona ci mostra l’atteggiamento che noi dobbiamo avere nella nostra preghiera, sia verso Dio, sia nei confronti del mondo che ci circonda, poiché lo scopo dell’icona non è quello di provocare né esaltare in noi un sentimento umano naturale ma quello di orientare verso la trasfigurazione i sentimenti, l’intelligenza e, in una parola, tutta la nostra umanità.
La riflessione sull’icona compiuta dai teologi russi del nostro secolo è un vivacissimo tentativo di riscoprire e meditare il senso profondo della tradizione. In questo consiste il compito specifico della teologia che non è mai pura ricerca intellettuale fine a se stessa, ma ha eminentemente uno scopo pratico. La teologia è riflessione sopra l’esperienza cristiana, sopra la misericordia di Dio che ci incontra e trasforma affinché l’uomo corrisponda con sempre maggiore consapevolezza alla sua vocazione.
Il contributo che questi teologi hanno dato è uno dei modi più significativi con i quali la Chiesa russa fa memoria della propria illuminazione battesimale nel desiderio della propria trasfigurazione ed esprime nel modo migliore il rapporto che la Russia ha con l’icona.
(8-fine)

Note
[1] Questo studio è già stato pubblicato in “Servitium – Quaderni di spiritualità”, Sotto il Monte (BG), n. 55, gennaio-febbraio 1988, pp. 36 – 58 col titolo “Pietro Galignani, L’icona nel pensiero russo contemporaneo”. In questa riedizione ricorretta è stato anche aggiunto il capitolo “La Divina Sofia e l’icona”.
[30] L. Ouspensky, Théologie de l’icône dans l’Eglise orthodoxe, Du Cerf, Paris 1980, p. 134
[31] Ivi, p. 144
[32] Ivi, p. 147
[33] Ivi, p. 145
[34] Ivi, p. 148

Bibliografia essenziale
M. Alpatov, Le icone russe, Einaudi, Torino, 1976.
P. Galignani, Il mistero e l’immagine, La Casa di Matriona, Milano 1981.
E. Sendler, L’icona immagine dell’invisibile, Edizioni Paoline, Roma 1984.