L’ICONA DELLA MADRE DI DIO DI KORSUN’, EFFIGIE DELLA PROMESSA DELLA SALVEZZA

Le monache Carmelitane scalze di Concenedo, nel Lecchese, hanno dedicato un’interessante “lettura” all’icona della Madre di Dio di Korsun’, una delle immagini mariane più venerate della Russia (ma l’effigie conta numerosissimi devoti anche in Occidente). Trattandosi di un canone così ampiamente apprezzato ed amato, riproponiamo il testo all’attenzione degli amici de “I sentieri dell’icona”.

14641948_1350249924994650_5952463804329018161_n

La tavola antica originale della Madre di Dio di Korsun’ prese il nome dalla città di Korsun (antica Chersonneso) situata in Crimea. In questa città, antico emporio bizantino, fu battezzato il principe di Kiev Vladimir che cristianizzò la Russia nel 988. Secondo la tradizione, l’icona della «Madre di Dio di Korsun’», dipinta dal santo evangelista Luca, sarebbe stata traslata dallo stesso principe da Korsun a Kiev e poi a Novgorod. Probabilmente all’epoca di Ivan il Terribile che conquistò la città nel XVI secolo, l’icona, che aveva già la fama di operare dei miracoli, fu trasportata, insieme ad altre sacre reliquie della città, a Mosca e fu collocata definitivamente nella cattedrale della Dormizione del Cremlino. Questa denominazione viene attribuita a icone con la raffigurazione a mezzo busto della Madre di Dio con Cristo bambino, presentati nel tipo della Tenerezza, l’elemento essenziale, è quello del tenero abbraccio della Madre e del Figlio, ma si distingue per alcuni particolari iconografici singolari. La Vergine è raffigurata fino alle spalle, ha il capo reclinato e stretto contro la guancia del Bambino, la sua mano destra sollevata mostra e nello stesso tempo supplica il Figlio – gesto caratteristico dell’Odighitria. La sua mano sinistra, con il mignolo piegato, mostra tre dita distese, probabilmente, a simboleggiare la Trinità. L’indice e il medio sono incrociati e sembrano uniti, mostrando la duplice natura del Figlio. Il Bambino tocca con una mano il velo della Madre e nell’altra tiene un rotolo. La posizione della mano sinistra di Cristo sembra riprendere la gestualità naturale di un bambino, ma può avere anche una lettura teologica, secondo la simbologia per cui Cristo è assimilato allo sposo e sovrano e la Madre di Dio, che personifica anche la Chiesa, alla sposa (Gv 3,29; Sal 45, 11-12): il gesto di Cristo, che sembra quasi voler schiudere i lembi del manto della Vergine, allude alle nozze mistiche. L’espressione di grande affetto materno che traduce questa rappresentazione è completata dal senso simbolico del rotolo delle Scritture, che il Bambino tiene in mano con le ditadella mano in posizione benedicente: Gesù è il Figlio di Dio, il Verbo incarnato. Il Rotolo è quello della Traditio Legis: la consegna della Legge agli Apostoli. Il Bambino indossa una veste trapuntata d’oro che si usava nei giorni in cui l’imperatore veniva incoronato.

La simbologia del velo ha origini antiche e viene adoperata nell’arte cristiana anche per mettere in risalto gli insegnamenti dogmatici. Il velo è simbolo del cielo – rammentiamo la tenda del tempio tessuta, secondo gli apocrifi, da Maria, che si strappa nel momento della morte di Gesù (Mt 27, 51 ; Mc 15, 38, Lc 23, 45) e questo “aprirsi” del velo significa che la morte di Cristo apre la via verso il Santo dei Santi, verso la Gerusalemme celeste per tutti gli uomini. Il simbolismo del velo è strettamente legato al culto mariano: il fedele entra nel Regno di Dio, «attraverso il velo, cioè la carne di Cristo», come scrive San Paolo (Eb 10, 20), e fu Maria, sua Madre, in cui il Verbo si fece carne. In questo modo il velo, associato al maphorion di Maria, diventa simbolo dell’incarnazione. Il gesto del Bambino che tira su di sé il maphorion della Madre vuole mettere in evidenza la duplice natura di Cristo.

14680524_1350249704994672_3742648052547439678_n

La Madre di Dio è vestita come una basilissa, un’imperatrice. Il blu-verde., della tunica e della cuffia che copre i capelli, simboleggia la terra e quindi la sua appartenenza all’umanità. La natura umana è stata, dalla Grazia che l’ha scelta come Madre, ammantata di divinità (il maphorion/manto). La porpora indica la regalità. La Madre di Dio è vestita da Sposa del Re, con la porpora scura che indossano le imperatrici vedove quando erano chiamate a reggere il regno in vece del figlio ancora minorenne. Vedova in latino antico vidua, significa vuota, priva (anche del figlio). E’ quindi già evidente, nella simbologia delle vesti, il suo destino: Colei che regge col Figlio il mondo, ma già destinata a quest’attesa di morte. Sul maphorion è presente un gallone ornato d’oro, simbolo della preziosità della veste e quindi di chi l’indossa. Le tre stelle (una è nascosta dal Bambino), che dicono la verginità di Maria prima, durante e dopo il parto, simboleggiavano già per le figlie dell’imperatore la verginità. Esse entravano in chiesa coperte da un velo trapunto di stelle. Quest’imperatrice, pur essendo madre, è vergine. E’ mediatrice tra l’uomo e Dio. Anche la cuffia è espressione della regalità; dell’imperatrice non si potevano vedere i capelli. Il suo sguardo è triste, come in tutte le icone “della Tenerezza”, gli occhi esprimono ansia per la sorte del Figlio che lei conosce già. L’icona rappresenta uno splendido esempio di immagine la cui lettura simbolica rivela tutta la profondità e la ricchezza spirituale, caratteristica dell’arte dell’icona, trasformando l’effigie mariana in un’espressione figurata della storia della salvezza.