“SOSPETTO E SILENZIO”, DAI DIARI LA TRAGEDIA DELL’URSS SOTTO STALIN

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Ci sono gli orrori del Gulag e le repressioni di massa, di natura politica e religiosa; ci sono i drammi di famiglie devastate da un regime spietato e le storie individuali di chi, nella vita di tutti i giorni, ha dovuto espiare la “condanna” di chi era stato incarcerato. E ci sono anche le storie di tante persone semplici che, pur consapevoli del destino che avrebbe potuto attenderle, non hanno rinunciato alla loro fede: hanno nascosto le icone, hanno continuato a venerarle clandestinamente, spesso le hanno salvate da una distruzione sicura. Tutto questo, e molto di più, racconta il libro “Sospetto e silenzio” (Mondadori, 647 pagg. 38 euro) scritto da Orlando Figes, docente di Storia all’Università di Londra, per ripercorrere la tragedia dell’Unione Sovietica sotto Stalin dal punto di vista di chi vide i propri parenti e amici imbrigliati nella spietata macchina del Gulag e dovette poi subire l’ostracismo di un regime che colpiva anche chi rimaneva fuori. Secondo stime prudenti, tra il 1928, quando Stalin assunse la direzione del partito, e il 1953, quando morì, circa 25 milioni di cittadini subirono la repressione. Quei 25 milioni rappresentavano circa un ottavo della popolazione all’inizio degli anni Quaranta: in media ci furono due vittime ogni tre famiglie. Inoltre, la vita di decine di milioni di individui (i figli e i parenti dei perseguitati) ne risultò irrimediabilmente segnata, con conseguenze morali e sociali ancor oggi evidenti. Attingendo a numerosissimi archivi privati nascosti nelle abitazioni di ogni angolo del paese e al materiale raccolto in oltre quattrocento interviste a persone “informate dei fatti”, Figes racconta le storie segrete di centinaia di famiglie russe. E al contempo analizza la “soggettività sovietica”, ovvero il mondo interiore dei cittadini, anche dal punto di vista della lotta per la fede, sotto la tirannia del dittatore georgiano.

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