MADRE MARIA ANGELICA DI GESU’, “PONTE” FRA ORIENTE E OCCIDENTE

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Nipote per parte di madre del primo consigliere dello zar Nicola II Romanov, Giovanni Fesenko, e legata, per parte di padre, al papa Innocenzo XII. Il suo nome al grande pubblico dice poco, eppure suor Maria Angelica di Gesù, al secolo Maria Pignatelli di Montecalvo, nata a Napoli il 18 dicembre 1900 e scomparsa nel 1987, rappresenta un “ponte” ideale fra le Chiese d’Oriente e d’Occidente. Monaca carmelitana, una vita trascorsa nel nascondimento all’interno del monastero di Vellatra, nell’Alto Lazio, che lei stessa contribuì a rifondare, pregò incessantemente per la conversione della Russia nel solco delle rivelazioni della Madonna di Fatima: “La Russia si convertirà – diceva -. La Vergine ce lo ha promesso. Dobbiamo pregare incessantemente”. La vicenda biografica di madre Maria Angelica di Gesù è ora ripercorsa in due libri curati da suor Maria Sabina dell’Eucarestia, che coordina l’archivio del monastero di Vellatra: “Il canto della speranza”, pubblicato dalle Edizioni Carmelitane, e “Il sigillo dello sposo” dell’Editrice Ancora (144 pagg., 13 euro). “Purtroppo – dice l’autrice – alcune documentazioni sono andate perdute. Ma molto è rimasto sugli appunti dietro i santini e le immagini sacre. E poi c’è il vocabolario di russo che teneva con sé per non perdere la dimestichezza con la lingua”. Cresciuta in un ambiente aristocratico – tra i frequentatori di Casa Pignatelli c’era il noto componitore russo Modest Petrovic Musorgskij mentre personale fu l’amicizia con la regina Elena di Savoia, madre Maria Angelica portava sulla propria pelle le cicatrici lasciate dal Novecento: i nonni uccisi durante la Rivoluzione russa, i drammi della Prima e Seconda guerra mondiale. Nella casa dei nonni materni, ortodossi, Maria aveva cominciato a respirare il sentimento della fede: “Avevamo nella camera più bella – avrebbe raccontato – una grande icona della Vergine, presso la quale la povera nonna ci faceva pregare le preghiere sera e mattina”. In Russia ritornerà solo una volta, dopo la Rivoluzione, per constatare che “tutto ci è stato tolto dai comunisti”.

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